18/11/10

ARTICOLO SULL'ECONOMIA CINESE

ASSOCONSULENZA ASSOCIAZIONE ITALIANA CONSULENTI DI INVESTIMENTO DIFFONDE L'ARTICOLO DEDICATO ALL ' ECONOMIA CINESE ELABORATO DAL SOCIO ORDINARIO SERGIO SACCHI OPERATORE DEL GRUPPO INTESA SAN PAOLO CONFERMANDOSI ANCORA UNA VOLTA LA PIU' ESCLUSIVA PRESTIGIOSA E SELETTIVA ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA IN ITALIA.



Carissimi Amici e Coleghi

con la presente , in qualità di socio fondatore e segretario generale Assoconsulenza Associazione Italiana Consulenti di Investimento e di fondatore dell ‘ attività di consulenza finanziaria indipendente in Italia , sono lieto di poter inviare personalmente l ' esclusivo articolo intitolato FASE 2 PER IL SISTEMA ECONOMICO: CINA UNA POTENZA GLOBALE , elaborato da Sergio Sacchi , socio ordinario Assoconsulenza , co autore con il sottoscritto nel 2002 del best seller aziendale dal titolo Operare in Borsa con Successo ed operatore area ufficio studi del gruppo bancario Intesa San Paolo .

FASE 2 PER IL SISTEMA ECONOMICO: CINA UNA POTENZA GLOBALE

La Cina fresca seconda economia mondiale in termini assoluti di PIL, avendo superato il Giappone dal 2° trimestre di quest’anno (ma resta comunque al 127° posto come reddito procapite con 2.940 dollari), e sempre più destinata a scalzare entro un decennio anche l’America, è cambiata – molti se ne saranno accorti – non è più quell’immensa fabbrica di prodotti a basso costo e spesso a bassa qualità o meglio o non più solo quello. La crisi finanziaria sembra aver accelerato le cose. Non è più il tempo degli interventi a pioggia che tanto coi costi di produzione competitivi il ritorno economico è assicurato ma è il momento della selezione di interventi mirati con una migliore pianificazione inoltre l’insediamento nel paese asiatico anche da un punto di vista manageriale. Quello che sta succedendo in questi ultimi mesi non accade certo per caso – come succede invece nella nostra italietta – ma corrisponde ad un preciso disegno di politica industriale (benché ideato dal partito e quindi infinitamente più snello e veloce dei sistemi democratici che hanno controlli, opposizioni, enti locali, ecc.) perseguito lucidamente e anche con notevole lungimiranza.

Si tratta di riqualificare questo grande paese (che per intelligenze e laboriosità può sicuramente aspirare ad essere qualcosa di più di una fabbrica low cost) in un produttore anche di prodotti di qualità (macchine utensili, moda, biotecnologie, telecomunicazioni, grazie ad un fortissimo aumento delle spese in ricerca) nonché di centri di ricerca esteri (tedeschi) dato che i margini per il manifatturiero di bassa qualità si restringono (anche per l’aumento delle retribuzioni) e all’orizzonte già appaiono paesi a costi inferiori a quelli cinesi (come i paesi dell’Indocina in cui ad esempio in Bangladesh la paga mensile è 1/3 di quella di Shangai).

Per far ciò è indispensabile puntare sullo sfruttamento delle materie prime (stringendo accordi con i paesi produttori, soprattutto in Africa e Sudamerica) ma anche dirigersi verso le tante aziende occidentali con forza tecnologica e di marchio ed acquisirle (ad esempio Volvo o le moto Benelli in Italia) che di questi tempi, dopo il bagno di sangue del biennio 2008-2010, sono spesso in condizioni precarie si possono comprare a buon mercato e possono consentire di far quel salto di qualità a cui è teso il Piano quinquennale del partito. Dal 2009 la Cina è il primo acquirente di automobili (13,5 milioni) ed il 3° produttore, inoltre è pure il primo consumatore di acciaio, minerali metalliferi e rame ed il 2° di petrolio.

È pure indispensabile per assurgere ad un certo ruolo diventare global player della finanza (sviluppo delle banche e dell’agenzia di rating Dagong a cui la Sec ha appena rifiutato l’autorizzazione ad operare negli USA, in Italia è stato lanciato il fondo di private equity Mandarin). Sfruttando le poderose riserve valutarie e in oro è stato costituito nel 2007 un fondo sovrano, il CIC, per 200 mrd di dollari (i primi interventi per la verità sono stati un bagno di sangue perché il fondo ha investito ai prezzi massimi 8 mrd di dollari nelle banche americane che sono poi crollate) solo nel 2010 ha investito più di 4 mrd euro in quote di aziende. Giova ricordare poi il fatto di essere il primo debitore degli USA in quanto detentore di 1/3 del debito pubblico degli States.

Le autorità cinesi si sono dimostrate anche molto attente nel monitorare la situazione economica per impedire che si surriscaldi e possa inficiare uno sviluppo armonico, vanno in questo senso gli interventi sul mercato borsistico tempo fa ed attualmente sul mercato immobiliare. Anche nel mercato azionario il paese appare sempre più presente (4 delle 10 società quotate a maggiore capitalizzazione del mondo sono cinesi) benché l’indice nazionale pesi solo per il 3,5% dell’MSCI mondiale (superindice dato dall’insieme di tutte le borse del mondo) a fronte di una quota del PIL che è dell’8,5%. La crescita economica resta elevata al 9/10% è determinata soprattutto dalle città di terza fascia e dalle regioni dell’interno e consente di trovare occupazione alle milioni di lavoratori che si riversano nelle città della parte orientale del paese, quella più sviluppata (l’urbanizzazione tuttavia è attorno al 40%). Nel medio termine (7/8 anni) a causa della rigida politica demografica del figlio unico si prefigurano seri problemi con una popolazione attiva sempre più piccola a fronte di un ceto di pensionati in aumento e questo è uno di quei fattori che generano insicurezza e quindi tassi di risparmio elevati, oltre che opportune riforme del sistema pensionistico.

Uno dei dati più significativi è la crescita a doppia cifra per i consumi interni (17% nel 2009 che va di pari passo all’aumento dei salari) far diventare la Cina un paese importatore è fondamentale per gli equilibri interni ed esteri, diminuzione invece per gli investimenti esteri (-17% nel 2009), le esportazioni tirano sempre (ma derivano per il 60% da investimenti esteri). Altra priorità che si è data il paese è la riduzione degli scarichi nell’ambiente (oltre il 50% delle acque sporche finisce in mare) col conseguente potenziamento delle energie alternative e la riforma del sistema sanitario caratterizzato fin qui dall’essere sostanzialmente a carico degli utenti e che sarà l’intervento sociale più significativo nei prossimi anni. Eccellente è la situazione della finanza pubblica anche per quel famoso ratio che causa tanti problemi nel primo mondo cioè il rapporto debito pubblico PIL che si situa in Cina al 20%. I settori più promettenti appaiono essere perciò il sanitario-farmaceutico, l’ambientale, le energie rinnovabili (con un possente piano di 750 mrd di dollari, fotovoltaico compreso), macchine utensili, i beni di lusso e in prospettiva anche i servizi finanziari (con riguardo al settore assicurativo).

L’attenzione maggiore in questo momento è però rivolta ai rapporti di cambio tra la moneta locale, lo yuan (che potrebbe aprirsi alle libere quotazioni del mercato), ed il dollaro, questa questione è il principale punto di attrito con gli USA ma anche con l’Europa (divisa tra chi condivide pienamente le osservazioni d’oltreatlantico come il Regno Unito, chi come sempre propugna posizioni antiamericane come i francesi e chi come i tedeschi stanno a metà del guado) e il Giappone. Se la valuta cinese non si apprezza, come i dati fondamentali economici suggerirebbero, ne deriverebbe un vantaggio commerciale competitivo che di questi tempi non è ben visto dall’America, ma d’altra parte una rivalutazione del 20% della valuta cinese significherebbe secondo le autorità cinesi la perdita di decine di milioni di posti di lavoro una conseguenza chiaramente inaccettabile per i cinesi.

Gli USA hanno approntato una serie di sanzioni con il provvedimento legislativo del Ryan Murphy Bill in funzione anticinese proprio per il sostanziale rifiuto a far rivalutare lo yuan ma non pare probabilmente questa la strada più adatta per risolvere i forti squilibri macroeconomici e commerciali che risalgono comunque a parecchi anni fa e necessitano di ben altri interventi che quello mero sui cambi anche se al momento ci pensa la Federal Reserve a comprare i Treasuries americani (il c.d. quantitative easing). I cinesi rispondono diversificando sempre più tra le valute le loro riserve (con 2.450 mrd di dollari cioè circa il 30% del totale sono primi anche in questa classifica), anche per timori sulla debolezza della moneta americana e diminuendo le esportazioni delle "terre rare" cioè di quei minerali molto rari in natura (e concentrati per il 97% in Cina) necessari per la fabbricazione di moltissimi prodotti tecnologici. Bisogna comunque ricordare che la Cina pur aderendo al WTO mantiene e probabilmente rafforza quelle barriere non tariffarie destinate a presidiare quei settori ritenuti strategici

Nessun commento:

Posta un commento